
Ci si chiede spesso in una regione come la mia, ovvero la Calabria, come e quando le c.d. “cose” possano cambiare. Oltre ai grossi problemi di matrice criminale che continuano ad ostacolare l’economia la Calabria risente di una mancanza di strategie comuni che fissi risorse e obiettivi da raggiungere. In particolare il comparto turistico vede ancora oggi aziende che oltre che procedere al rilento lavorano senza schemi adeguati. Si aggiunge la mancanza di cooperazione tra le aziende del settore e la difficoltà degli enti pubblici di creare sinergie. La domanda è quindi una sola: come mai in altre realtà tali problemi sembrano essere superati già da tempo ed in Calabria quanto detto è prassi comune? La risposta è legata a tre semplici parole ma che celano un enorme significato: CULTURA DI INFORMAZIONE. In Calabria a fare gli impreditori turistici, per la maggiore, sono persone che non hanno dimestichezza con gli strumenti messi a disposizione dal mercato, ne tanto meno esiste la voglia di imparare ad utilizzarli. Ci si adatta e ci si lamenta ogni anno che il flusso dei turisti va scemando, e non si pensa ancora che, nella ormai sempre più radicata globalizzazione, la concorrenza ha limiti che vanno aldilà dei semplici confini ammnistrativi. Il rimedio a questo deflusso prima ancora di progetti e finanziamenti e la propensione attiva di tutti gli imprenditori, i quali dovrebbero iniziare a sentire l’esigenza di fare “gruppo” e proporsi al mercato con nuovi prodotti turistici. Tali strategie, per i più esperti bottom-up, vedono infatti l’accentramento delle risorse e degli sforzi ed un asse privato-privato che semplifica e coinvolge indirettamente anche il settore pubblico il quale si sentirà in dovere di supportare tali iniziative anche considerando il fatto che il gruppo d’interesse stavolta è più grande. Per raggiungere tali livelli, roba che ormai in realtà come l’
Emilia Romagna o il
Trentino sono ben solide, occorre apertura ed una visione lungimirante a 360 °. Tutto ciò, secondo me potrebbbe avverarsi con il cambio generazionale fermo restando che quest’ultimi abbiano capito l’antifona.
Giovanni Cerminara